Tipi di affidamento e bigenitorialità

Tipi di affidamento e bigenitorilità

Stiamo sempre attenti quando parliamo dei più piccoli, informiamoci sulle differenze.

Dall’entrata in vigore della legge n. 54 dell’8 febbraio 2006, per distinguere le forme di affidamento dei figli nei casi di separazione e divorzio dei genitori, si utilizza la classificazione “affidamento condiviso” e “affidamento esclusivo”.

Il primo, definito dall’art. 337-ter c.c., dispone l’affidamento dei figli a entrambi i genitori. Diretta conseguenza è che la responsabilità genitoriale è suddivisa in modo equilibrato e che “le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale (…) sono assunte di comune accordo”.

Il secondo, invece, definito dall’art. 337-quater c.c., dispone l’affidamento dei figli a uno solo dei genitori. Citando testualmente, “il genitore cui sono affidati i figli in via esclusiva (…) ha l’esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale su di essi” e “deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice”, fermo restando che “il genitore cui i figli non sono affidati ha il diritto e il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse”.

Sono soluzioni differenti finalizzate a tutelare il più possibile l’interesse dei figli.

L’affidamento condiviso, il cui fondamento è la capacità dei genitori d’instaurare un’ottimale e prolungata sintonia sulle scelte che riguardano i figli, costituisce il regime ordinario e prioritario di affidamento.

Per contro l’affidamento esclusivo costituisce soluzione eccezionale, consentita unicamente ove risulti, in capo a uno dei genitori, una condizione di MANIFESTA carenza o inidoneità o comunque tale da rendere l’affidamento condiviso pregiudizievole e contrario all’interesse del minore.

Con una recente decisione, la Corte di Cassazione, ribadendo numerose sue precedenti pronunzie, ha specificato che quando i genitori si lasciano il figlio ha il diritto di godere dell’apporto di entrambi (bigenitorialità).
La Cassazione, ha anche precisato che il diritto del minore alla bigenitorialità non è il diritto dei genitori a spartirselo a metà secondo i propri capricci o logiche, tipiche di molte coppie “scoppiate”, di vendetta trasversale.
Questo non vuole dire che sia vietato che il figlio possa passare metà tempo con un genitore e metà con l’altro. Sarebbe però errato, fissare come regola generale quella del metà tempo: ogni famiglia e ogni bambino costituiscono un mondo a parte, con singolarità, storie, abitudini e specificità che devono essere rispettate se i genitori si lasciano.
In alcuni casi la parità temporale è la soluzione ideale – pensiamo a due genitori che abitano vicini che hanno orari di lavoro simili o complementari – in altri no

Si smette di essere coppia, si resta genitori per sempre.