Responsabilità genitoriale: Informiamoci
La responsabilità genitoriale rappresenta l’insieme di regole che costituiscono l’essenza del rapporto tra genitori e figli e che si concretizzano negli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione della prole.
Il termine “responsabilità genitoriale” è stato introdotto con la riforma della filiazione (legge n. 219 del 10 dicembre 2012, attuata con decreto legislativo n. 154 del 28 dicembre 2013), in sostituzione del concetto di “potestà genitoriale” (quale residuo della “patria potestà”), proprio a voler rappresentare il passaggio da una concezione autoritaria della genitorialità, espressione di potere sui figli, a una visione più moderna, in cui l’interesse e la tutela di questi ultimi hanno un rilievo preminente.
Si metteno quindi al centro della famiglia i figli.
- “Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi” (art. 337, comma 1, c.c.);
- “Entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale, che è esercitata di comune accordo (…)” (art. 316, comma 1, c.c.);
- “Se il riconoscimento del figlio, nato fuori del matrimonio, è fatto dai genitori, l’esercizio della responsabilità genitoriale spetta a entrambi” (art. 316, comma 4, c.c.);
- “Le decisioni di maggiore interesse (…) relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo, tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli” (art. 337, comma 3, c.c.);
- “La responsabilità genitoriale di entrambi i genitori non cessa a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio” (art. 317, comma 2, c.c.), ovvero all’esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio.
I problemi eventualmente in essere tra i genitori non devono incidere sul rapporto con i figli.
Su alcune questioni importanti essi mantengano posizioni distanti e inconciliabili per effetto non solo del diverso background educativo e culturale, ma anche di una certa ostilità di fondo che spesso anima le coppie separate.
In tutte queste situazioni la decisione è rimessa al giudice, al quale ciascun genitore, assistito dal proprio avvocato, può ricorrere ai sensi dell’art. 709-ter c.p.c. per richiedere l’emissione di un provvedimento finalizzato alla risoluzione della controversia.
Chiamato a pronunciarsi in merito alla questione oggetto del ricorso sarà a seconda del caso:
- il giudice del tribunale presso il quale è già pendente il giudizio di separazione o divorzio, qualora si tratti di coppia sposata;
- il giudice del tribunale presso il quale è già pendente il procedimento ai sensi dell’art. 337-bis c.c., qualora si tratti di coppia di fatto;
- il giudice del tribunale del luogo di residenza del minore, qualora sia già stato emesso un provvedimento di affidamento.
Per esempio, in ipotesi di contrasto sulla scelta della scuola, il giudice ascolterà la posizione di entrambi i genitori, valuterà il parere del minore (disponendone l’audizione, ove di età superiore ai dodici anni o anche inferiore, se capace di discernimento) e, tenendo conto delle sue capacità, della sua inclinazione naturale e delle sue aspirazioni, prenderà una decisione nel suo esclusivo interesse.
Qualora il contrasto insorga nella coppia CONVIVENTE, anziché in quella separata, ciascun genitore può ricorrere senza formalità al giudice del luogo di residenza del minore, indicando i provvedimenti che ritiene più idonei (art. 316, comma 2, c.c.). In tale fattispecie la procedura è più semplice: il giudice, sentiti i genitori e disposto l’eventuale ascolto del minore, suggerirà le determinazioni che ritiene più utili per i figli e, se il contrasto permane, attribuirà il potere decisionale al genitore che ritiene più capace di garantirne la tutela.